"Il topo divora il cavallo": il presagio ignorato di Mori Ranmaru

Con questo quinto appuntamento della nostra rubrica Le parole dei samurai, ci troviamo davanti a uno dei misteri più affascinanti del Giappone feudale: il tradimento di Akechi Mitsuhide e la morte di Oda Nobunaga al tempio Honnōji. Un evento che ha segnato per sempre la fine di un'epoca e l’inizio di un’altra, avvolto da ombre, sospetti e rivalità personali. Oggi, esploriamo una delle teorie meno note ma più intriganti: il ruolo che potrebbe aver avuto Mori Ranmaru, il favorito di Nobunaga, nel suscitare la furia vendicativa di Mitsuhide. 

L’incidente di Honnōji

Scoppiato il 2 giugno del decimo anno dell’era Tenshō (1582), è uno degli eventi più sconvolgenti del periodo Sengoku.
Eppure, la verità che lo circonda rimane ancora oggi avvolta nel mistero, poiché Akechi Mitsuhide, artefice del colpo di Stato, morì senza mai rivelare le sue reali motivazioni.

Per questo motivo, nel corso dei secoli si sono susseguite molte ipotesi e speculazioni.
Una di queste racconta che all’origine della ribellione ci fosse un conflitto personale tra Mitsuhide e Mori Ranmaru.

Ranmaru era il terzogenito di Mori Yoshinari, caduto in battaglia contro le forze unite di Asai e Asakura.
Nella narrativa storica viene spesso ricordato come il giovane paggio di straordinaria bellezza, prediletto da Oda Nobunaga.

Un giorno, al risveglio, Nobunaga confidò ai suoi servitori:

“Ho fatto uno strano sogno. Ho sognato che un cavallo veniva mangiato da un topo.”

Senza esitare, Ranmaru rispose con tono allarmato:

“Signore, questo è un sogno premonitore.
Voi siete nato nell’anno del Cavallo, mentre il signor Akechi è nato nell’anno del Topo.
Che un cavallo venga mangiato da un topo significa che il signor Akechi potrebbe tradirvi. Vi prego, siate prudente.”

Nobunaga scoppiò a ridere, ignorando il presagio.
Ma questo episodio sembra indicare chiaramente che fra Mitsuhide e Ranmaru vi fosse già una tensione latente.

La storia del Giappone feudale è spesso scritta con la spada, ma altrettanto con il cuore, l’orgoglio e l’ambizione. Nella figura di Akechi Mitsuhide troviamo l’ombra del risentimento e la scintilla della ribellione, ma anche la complessità di un uomo stretto tra dovere e destino. Se davvero Mori Ranmaru ebbe un ruolo nel precipitare gli eventi, resta comunque il fatto che la storia si muove non solo per grandi battaglie, ma anche per piccoli gesti, parole sussurrate e sogni che diventano incubi. In queste zone grigie risiedono le verità più umane dei samurai.