Una frase inusuale per questa rubrica.

La citazione di questa settimana si distingue dalle precedenti per due motivi: non è stata pronunciata da un samurai, e appartiene alla categoria dei “jisei” (辞世) – frasi o componimenti pronunciati sul letto di morte. Eppure, nella sua forza e nella sua lucidità, il jisei di Ishikawa Goemon, ladro leggendario vissuto alla fine del periodo Sengoku, riflette una determinazione e una coscienza del proprio destino che nulla hanno da invidiare allo spirito dei bushi.

Ishikawa Goemon (?-1594) fu una figura realmente esistita. Sebbene oggi sia ricordato principalmente come un ladro gentiluomo alla Robin Hood, le fonti storiche dipingono un ritratto più ambiguo: Goemon fu con ogni probabilità un fuorilegge astuto, abile e temuto.
La sua tomba si trova presso il tempio Daiunin a Kyoto, dove gli venne conferito un sorprendente nome postumo di alto rango: Yūsen’in Ryōgaku Jukan Zenjōmon. Un tributo forse legato alla forza del mito che si costruì attorno alla sua figura.

Le ultime parole di Ishikawa Goemon: la fierezza di un ladro leggendario

«Anche se finiranno i granelli di sabbia sulle spiagge di Ishikawa e Hama, non finirà mai la stirpe dei ladri nel mondo.» 

Una frase di sfida e consapevolezza, tradizionalmente attribuita a lui, che sottolinea come la trasgressione faccia parte dell’animo umano da sempre. 

Le fonti storiche sono frammentarie e spesso intrecciate con la leggenda. Una delle immagini più celebri di Goemon deriva dal kabuki Sanmon Gosan no Kiri, dove l’uomo, pipa in mano, osserva i ciliegi in fiore dal portale del tempio Nanzen-ji e proclama: «Che spettacolo! Che spettacolo! Una sera di primavera vale mille ryō? Che miseria!»

In questa rappresentazione, Goemon sfida Toyotomi Hideyoshi, figura centrale del potere dell’epoca, e incarna lo spirito ribelle caro al pubblico popolare. 

Le ipotesi sulle sue origini abbondano: secondo alcune fonti era un nobile decaduto della provincia di Tango, secondo altre un ex ninja della scuola Iga, disertore dopo una relazione proibita.
Nessuna di queste teorie, però, è stata storicamente confermata. L'immagine del “giustiziere dei poveri” appartiene più al mondo della letteratura e del teatro dell’epoca Edo che alla realtà documentata. 

Secondo fonti coeve, Goemon avrebbe approfittato della momentanea assenza delle truppe durante le campagne militari di Hideyoshi per compiere razzie nei centri urbani. Il suo nome compare anche in un oscuro complotto: si narra che Toyotomi Hidetsugu, nipote ed erede designato di Hideyoshi, avesse incaricato Goemon di assassinare lo zio per rovesciare il potere. Tuttavia, il tentativo fallì e l’intera rete di complici fu scoperta. Per il tentato assassinio, Hideyoshi fece giustiziare Goemon insieme alla madre e al figlio nella pubblica piazza di Sanjōgawara a Kyoto, trasformando la punizione in uno spettacolo per la folla. La condanna fu esemplare e contribuì a consolidare la leggenda dell’uomo che osò colpire il potere più alto del suo tempo. 

Goemon oggi: tra cultura pop e memoria collettiva

Nonostante la sua tragica fine, il nome di Ishikawa Goemon è sopravvissuto ai secoli, trasformandosi in leggenda. Oltre al teatro classico, ha ispirato personaggi iconici della cultura pop giapponese, come Goemon Ishikawa XIII, il silenzioso e imperturbabile spadaccino della serie Lupin III. Rappresentato in abiti tradizionali e armato di una letale shirasaya, questo personaggio incarna l’eredità ideale di un samurai fuori dal tempo: elegante, determinato e legato a un codice personale. 

In lui rivive, sotto nuove forme, la figura di Goemon: un ribelle, forse un eroe, sicuramente un simbolo.